Mi autodenuncio. Ho sentito il terremoto poco fa. Non con il suo classico boato, ma con un ondeggiamento di arredamenti nettissimo. E la prima cosa che ho fatto è stata scriverlo su facebook. Non mi sono ficcata sotto uno stipite, non mi sono rintanata sotto la scrivania. No. L'ho detto al web. Terremoto mi colga e mi porti via, maledetta me digitalizzata!
lunedì 31 marzo 2014
mercoledì 19 marzo 2014
Aggratis.
Riflessione breve e buoni propositi: devo smetterla di pensare che la mia professione non sia remunerabile. Devo smetterla di fare voli pindarici e giri di parole per chiedere, molto banalmente, ma anche in modo assolutamente doveroso: per questo lavoro quanto mi P-A-G-A-T-E? Lasciamo stare i contratti, per carità divina. Ne ho uno in stand by da un mese perché si sono "dimenticati" di scrivere i miei compensi; ma suvvia, son quisquilie che possono capitare: sono inezie! Chi fa i contratti è già così oberato, poveretto, che può anche capitare che si dimentichi un dettagliuccio simile. Leggasi definizione alla voce: furbetti. Invece è 10 anni che faccio sto mestiere ufficialmente e mi succede ancora di vergognarmi nel chiedere quanto mi spetta. Normalmente mi capitano dialoghi su per giù così. Prendo coraggio, studio a memoria la frasetta educata da dire con sorriso plastico e sguardo convincente e quando è ora di partire mi viene l'occhio vitreo, la voce tremula e le mani sudaticce: "Questo tipo di prestazione che vi offro potrebbe essere eventualmente, un domani, nel 2035, durante la prossima eclissi totale di sole, sempre se non vi chiedo troppo, non-vorrei-disturbare, siete già così carini a darmi tutto sto malloppo di roba da scrivere, ma poi tanto ho il Q8 sotto casa e praticamente la benzina me la regala in fondo, quindi posso pure andare a fare un'intervista al Triangolo delle Bermuda (che tra parentesi è l'ultimo indumento che mi è rimasto), eh niente...che vi volevo chiedere? Nulla, ci mancherebbe altro! Anzi, grazie che abbiate pensato proprio a me! Mi metto al pc e scrivo il pezzo. Ah, deve essere pronto tra un quarto d'ora? Ma certo, e che problema c'è!?". Già, che problema c'è?
mercoledì 12 marzo 2014
Nonne alla riscossa.
Le donne vivono di più. C’è niente da fare. L’ho proprio
capito oggi. Senza leggere sondaggi o indagini demografiche. L’ho capito perché
Nonna Terry oggi fa 101 anni e non credo abbia intenzione di tirare le cuoia tanto
presto. In più stamattina ho accompagnato mio padre a una visita oculistica all’ospedale
di Avigliana e l’età media sfiorava i 97 anni, con una massiccia presenza
femminile. La sala d’aspetto sembrava un carnaio, come quando all’Università
regalavano la tessera musei e c’erano in fila centinaia di studenti, la maggior
parte dei quali, era in coda per omologazione, chissenefregava del museo
egizio. E normalmente in questo marasma di persone con in mano il numerino come
dal salumiere, c’è sempre il saggio di turno. Il pensionato piemontese che ha
trascorso più ore alla bocciofila che in Fiat, pur avendoci lavorato una vita. Mediamente
occhialuto, capello bianco e caplin con visiera, marcato negozio d’agraria o
Fidas. Cintura nera di detti popolari e frasi fatte, parla una sola lingua
indifferentemente con autoctoni, siciliani, svizzeri o rumeni: il piemontese. Leggasi
con la O bella larga, quasi fosse una A, e la E un po’ strascicata. Vero che
rende meglio l’idea? Ecco, lui a un certo punto, stamattina dice (io lo scrivo
in italiano, mi perdonerete spero, ma se potete, pensatelo in dialetto): “E’
pieno di centenari. Al tg Piemonte la Milena Boccadoro ha fatto vedere un
servizio su una fumna di 100 e passa. Perché sono poi tutte donne quelle che
campano a lungo neh. A noi basta un niente e andiamo al Creatore; quelle lì
invece tirano avanti come dei caterpillar. E’ pieno di vedove per lì in giro.
Noi se rimaniamo da soli non ce la caviamo mica. Le fumne invece son già
bituate a fare le cose per conto loro”. Bon. Femmine 1- Maschi 0. Adesso vado da Nonna
a festeggiare. Mangeremo come se non ci fosse un domani perché lei trita anche
le pietre. Ultimamente è un po’ più rinco del solito. Ma io lo so che lo fa
apposta, per far girare le scatole a mia mamma e a mia zia, che son gemelle,
quindi una vera rottura al quadrato. Perché quando siamo sole io e lei,
chiacchiera a proposito ed è in perfetta forma. Appena tornano loro, finge una
catalessi temporanea e risponde solo a monosillabi. Ne sono sicura. Nonna la
notte si veste da wonder woman, si cala giù in strada con le lenzuola del letto
ortopedico e scorrazza per la città sconfiggendo il male. La sua missione sulla
terra non si è ancora conclusa. C’è ancora tanto da fare prima di entrare nell’albo
d’oro dei miei personalissimi supereroi!
mercoledì 5 marzo 2014
Oggi no.
Avevo in mente altro. Però oggi non sono in vena. Capita.
Capita soprattutto quando per l’ennesima volta vieni rimbalzato. Quando ancora
una volta ti dicono: “profilo eccellente ma ci dispiace davvero tanto, abbiamo
scelto un altro candidato”. E a me? A me non dispiace? Che me ne faccio dei “avremmo
proprio voluto prenderti ma…”; a cosa servono i “in futuro vorremmo comunque
collaborare”. A me il lavoro serve adesso. Ora. Se no come fa ad esserci un
futuro? A vendere parole si fa la fame. Questo l’ho capito. Ma cosa ne posso,
se è l’unica cosa che so fare? Forse l’unica che mi piaccia, in tutte le sue
forme possibili. Ho inviato 172 curriculum negli ultimi mesi. A tutte le radio,
i giornali e le agenzie di comunicazione nel raggio di 50 km. Valle, col suo
mortorio, compresa. Mi sono candidata per fare la commessa da Decathlon, da
Pimkie, da Zara e tutte le altre marche che vi vengono in mente. Ditemi una
grande azienda, una qualsiasi, e l’ho mandato pure lì. Ho risposto ad annunci
di bar e pizzerie. Ma per fare la commessa o la cameriera, devi aver maturato
almeno due anni di esperienza nel settore. E servire al pranzo degli Alpini o
vendere biglietti al Frais non accresce il portfolio nel settore. Ho fatto una
scelta coraggiosa; per qualcuno anche incosciente; a un certo momento ho
lasciato una strada più o meno sicura, mi sono guardata in faccia e ho creduto
che la passione per un mestiere, quello di scrivere e parlare, fosse ciò su cui
dovevo puntare. E diciamocelo, quello in cui sono anche brava. Poi vedendo come
buttava ho abbassato il tiro. Mi rimangono ancora i call center e le agenzie
che ti mandano per strada a vendere fuffa alla gente. D’altronde quando cerchi
un’offerta di lavoro e metti come voce chiave “comunicazione” sono queste due
le principali opportunità che ti escon fuori. Che caratteristiche devi avere
per lavorare in radio, per fare la giornalista o la speaker? La formazione. Ce
l’ho. Non è mai abbastanza, chiaro. Ma c’è. Il talento. Forse sì, ho pure
quello. E poi? Poi bisogna essere giovani ma con esperienza, vecchi ma non
pretenziosi. Poi magari devi conoscere l’amico del cugino del direttore. Poi
arrivare al posto giusto, nel momento giusto. Poi Giove deve essere in
congiuntura astrale con Marte, Venere e Plutone. Ah e poi, possibilmente,
dovresti lavorare gratis. Ma come i 12 anni precedenti, dacché ho cominciato?
Esatto, al massimo un rimborso spese. Uh, caspita grazie! Grazie davvero. Mi dico
che ho sbagliato tutto. Dovevo fare il medico o l’avvocato o l’ingegnere.
Peccato mi faccia schifo. Potevo nascere in una famiglia danarosa e vivere di
rendita. Ma grazie a Dio non è successo. Mi ripeto come un mantra che piuttosto
che essere figli-di-papà è meglio essere poveri. Però. Però oggi si è chiusa un’altra
porta. E per l’ennesima volta non so che cosa ho che non vada. Del mal comune
mezzo gaudio, sinceramente, me ne fotto. Molto di più invece, mi pesa dovermi
far pagare il dentista dai miei o farmi regalare le gomme da neve da mio
fratello. Delle altre rinunce non mi interessa: si può mangiare solo verdura
senza pagare a prezzo d’oro il filetto; di vestiti, anche se passati di moda,
ne ho pieno l’armadio. Le vacanze non è obbligatorio farle. Con gli amici puoi
uscire anche senza andare in pizzeria. Però. Però è l’autostima sotto le scarpe
che brucia. E’ il “non ti scoraggiare che prima o poi qualcosa arriverà” che sa
di presa per i fondelli. E’ chi ti chiede cosa fai nella vita che ogni volta è
come se ti rifilasse uno schiaffo in piena faccia. E’ il momento di grave crisi
economica che però non è uniformemente spartito tra tutti. E’ il bonifico per l’affitto
che ogni mese ti comunica che tra un po’ non lo potrai più pagare. E’ il
pietismo. Oggi è così. Non c’è niente da ridere. Perché non sono più giù dal
tram. Ci sono finita sotto.
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