AnnaGiùDalTram

venerdì 18 aprile 2014

Telefono senza fili.

Io sono responsabile di ciò che dico. Non di quello che gli altri capiscono. E poi, se posso aggiungere una cosa....ah no, lasciamo perdere. Altrimenti siamo di nuovo da capo. Au revoir.

mercoledì 9 aprile 2014

Se Dio ti vedesse e Stalin pure?

Come in molti paesi della zona anche ad Almese ci si sta preparando alle votazioni del 25 maggio. Dovremo cambiare sindaco e giunta e quel che è certo è che ci sarà sicuramente un nome nuovo alla guida del paese. Quindi, oggi, vi racconterò come si comporta l’almesino doc, nel periodo preelettorale. Fate partire mentalmente la musica di Quark in sottofondo perché vi parlo di una specie dalle caratteristiche assolutamente rare e inusuali. Ce l’avete in mente? Molto bene. Cominciamo. L’almesino doc vive in un contesto piuttosto rurale ma nonostante ciò, rispetto agli altri ominidi dei paesi limitrofi, lui è un po’ più borghese. Potremmo dire che Almese sta alla Valle di Susa come Borgo Crimea sta a Torino.

L’almesino doc è un esemplare fatto e finito e marcabollato di “piemontese falso e cortese”. Cura i suoi interessi e si dedica allo sputtanamento altrui con fine classe e circonvenzione. Preferisce mantenere buoni rapporti con tutti anche con quelli di cui ha una bambolina voodoo che infilza prepotentemente la sera, nel chiuso della sua cameretta. L’almesino doc sorride in modo subdolo e batte pacche sulle spalle per poi sciacquarsele subito dopo. Per farla breve, se sei di Almese, non ti esponi. Mai. Neanche con tua madre, neanche con tua moglie.

Penserete che ne stia venendo fuori un ritratto orribile? Ma no, l’almesino si sbatte pure e si dà da fare. Che poi non sconfini dal suo orticello neanche in caso di eclissi totale permanente, invasione di cavallette e carestia fulminante, questo è un altro paio di maniche. E’ che quelle di cui sopra sono caratteristiche essenziali per questa analisi specificatamente preelettorale; quindi non me ne vogliate, sono almesina doc pure io, con tratti sanguigni riveresi, insomma: roba che non auguro a nessuno.

Dovete sapere che, mediamente, l’almesino doc, non si candida. O meglio, l’almesino doc che avrebbe anche tutte le carte in regola per essere uno stimato cittadino, colto, concreto e onesto, preferisce girare alla larga e non prendersi rogne che in qualche modo lo rendano troppo pubblico. Non che altri almesini che negli anni si sono dati disponibili non fossero colti, concreti e onesti. E’ solo che magari avevano uno spiccato senso del brivido ed erano immuni alle dicerie o agli sguardi sdegnosi. Perché se ti candidi e poi perdi, da noi, funziona che la gente, per un po’, fin che non si è dimenticata che ci avevi provato, ti disprezza. Chissà poi perché? Uno ha già la sfiga di essersi messo in gioco e di non aver preso manco i voti della cognata o dello zio, deve pure sentirsi emarginato. Ma robe da matti.

Oltre tutto non si sa mai che diamine voti un almesino. Alle politiche vince il centro destra e alle comunali un sindaco comunista. Sei convinto che uno c’abbia la faccia da Pd e invece c’ha la tessera della Lega. Ecco, ad Almese vige una spessissima coltre di dubbio su cosa pensi politicamente la gente. Facciamo un esempio. A Sestriere sapete cosa votano? Ma ovvio. A Vaie o a San Giorio, lo sapete? Assolutamente sì. Tu vai in questi posti e sai perfettamente quali sono le famiglie di sinistra, di destra o dei catto-comunisti. Ad Almese no. Se potessi essere un mosca bianca (e anche un po’ anticostituzionale) entrerei nelle cabine elettorali e sono certa che avrei delle sorprese inimmaginabili.


Beh, questo voleva solo essere un panegirico per rassicurare gli attuali candidati. Chi vi dice che vi voterà, probabilmente il 25 maggio sarà a fare pic-nic a Bergeggi. Chi vi dice “bravo, servono persone motivate che si impegnino”, quel giorno disegnerà donnine nude sulla scheda elettorale (ah, lo dico con cognizione di causa: avendo fatto la scrutatrice se ne vedono di ogni). Se avete voglia di candidarvi, fatelo con la stessa consapevolezza con cui si mollano i pedali della bici giù per una discesa di montagna. E se poi ci saranno dei denti rotti, non vi preoccupate: qualche almesino doc vi dirà che state così bene con quei due buchi al posto degli incisivi…

martedì 1 aprile 2014

Non di solo selfie.

Si dice selfie solo perché fa figo. Anche se non è nulla di diverso da un autoscatto. Ma si sa, il termine autoctono rischia di essere così banale e poco accattivante... Che poi uno, mediamente, si faccia un selfie con sullo sfondo le piastrelle del bagno, è un altro discorso. Quello denota proprio la “solitudine del cesso”. Trattasi di uno status che una volta accompagnava i lettori di Topolino e della Gazzetta che sulla tazza si procuravano una anestesia temporanea che colpiva le natiche. Ora invece è il luogo deputato alla ricerca di conferme del proprio essere esteriore. Ci sono cascata pure io eh. Sei lì che ti lavi i denti e tra uno sputo e l’altro ti guardi allo specchio e pensi, “toh, guarda oggi, non sono verde kiwi come al solito; non ho la pelle a solchi geometrici come i canestrelli e neppure i capelli di una cavia tibetana. Spetta che mi faccio una foto”. E magari fuori c’è già chi si è incatenato alla porta e ha preso una saldatrice per scardinare la serratura e riuscire finalmente ad entrare per conquistarsi il suo diritto quotidiano alla libertà. Intanto tu dentro hai già fatto un book pari a quello di un viaggio safari e stai scegliendo la foto con l’occhio più vispo e lo sguardo un po’ meno ebete di quello che hai di solito. Perché ovvio: quella foto, ne sei certo, non rimarrà solo un tuo diletto. Quella foto, sì, proprio lei, quella in cui traspare quello che tu credi sia il massimo del sex appeal (in realtà la sensazione che si ha nel guardarti è simile a quella che si ha contemplando una tapparella o uno swiffer) è stata fatta per essere c-o-n-d-i-v-i-s-a. Indi per cui merita spendere ancora qualche minuto per darle una aggiustatina con qualche filtro magico made by Instagram o Retrica. Nel frattempo chi continua ad aspettare che tu esca dal bagno ha già ripetuto ad alta voce, per quattro volte e in ordine alfabetico tutti gli improperi che conosceva. Ti ha augurato la peste, il tifo, la malaria e l’herpes. E sta disperatamente cercando una scusa per suonare al vicino chiedendo asilo. Ecco. Avete mai notato? Nelle foto di Instagram sono tutte gnocche. Ma tutte! Quelle basse sembrano alte, quelle strabiche sembra abbiano occhi da cerbiatto, quelle grasse acquisiscono forme più dimensionate e quelle antipatiche paiono quasi graziose. Scegli il filtro migliore e parte il tasto condivisione. Mediamente quell’immagine diventa foto profilo di Facebook, Twitter, Whatsapp, Linkedin, Google+ e pure Badoo e Meetic, diciamocelo. Te la ritrovi ovunque. Piuttosto ti scartavetreresti il bulbo oculare pur di non vedertela propinata per l’ennesima volta sotto il naso, ma niente. Sarà sempre lì, fin che non ne arriverà un’altra in tutto e per tutto identica a questa, fatta e ritoccata come nel siparietto di cui sopra. Pubblicata la foto parte la manfrina di cui le ragazze sono campionesse olimpiche: il complimento interessato. Della serie: se oggi ti dico quanto stai bene in questa foto, domani tu dirai lo stesso della mia. E così si innesca un meccanismo diabolico per cui questi selfie mediamente hanno 387 like e 55 commenti. Meno della metà della metà, sono sinceri. Ma meno eh. Partono cuori e amore a profusione, si gode di quei momenti di gloria che ci si è procurati e con falsa modestia ci si congratula a vicenda attribuendo meriti alla sola Madre Natura. Ma ci si dimentica sempre, in modo molto ingrato e ingiusto, di quel poveretto là, fuori dal bagno che, maledicendovi, vorrebbe lasciare anche lui il suo I don’t like!