Fate questo esperimento con me.
Immaginate che da qualche parte, nel vostro cognome, venga aggiunta una I non
prevista. Mettetela in un punto a caso. Ci siete? Bene. Ed ora pensate che nei
contesti più svariati le persone vi chiamino così e non col vostro cognome duro
e puro. Alla lunga, ve lo assicuro, il senso di scazzo/incazzo che vi pervaderà
salirà a livelli megagalattici.
Immaginate anche questa scena: qualcuno che di
soppiatto arrivi alle spalle del pagliaccio It, sì, quello di Stephen King, gli
tiri una scuzzetta sul collo e poi ridendo gli sventoli il dito sotto il naso
per fargli indovinare chi possa essere stato. Ecco. Io, ogni volta che mi
chiamano Oliviero, sono la reazione di It ad uno scherzo di dubbio gusto come
questo.
Ultimamente è una vera croce. Tutte le volte che qualcuno deve
pronunciare il mio cognome è matematico che vada a finire a schifìo.
Nell’elenco degli iscritti all’esame da giornalista professionista ero Anna
Oliviero. Non un bel presagio. Infatti mi hanno segato, dicendo che ho “gravi lacune
sintattiche e grammaticali”. Io avrei da ridire sui vostri copia-incolla
invece. Esce il mio primo pezzo sul Corriere di Torino. Firma: Anna Oliviero.
Per un attimo ho avuto un problema di identità e ho creduto di essermi firmata
male io. Invece no, ovviamente. Sei in fila dal medico? La segretaria per darti
la ricetta urla a squarciagola “E’ arrivato l’arrotino Oliviero!”. Vai a farti
un weekend fuori porta? Il giulivo proprietario del b&b ti accoglie con un
“Olivieeero benvenuta!”. Vai allo stadio a vedere una partita non in abbonamento e il cicisbeo della biglietteria, pure se gli fai lo spelling, aggiunge una I di default. Chiedi l'accredito stampa per un evento mandando numero di tesserino, riferimenti anagrafici, postali, numeri di telefono e scarpe e niente, il cognome te lo frullano piazzandoci una vocale che ti cambia il codice fiscale. Lo fa anche il megacapo della tua azienda che alla cena di
Natale chiama uno ad uno per fare gli auguri. Ti dice pubblicamente che sei
giovane e carina, due doti per altro imprescindibili per la mia professione,
coltivate con cura e maestria nei miei anni di corsi di formazione, università,
redazioni. Va beh. Poi aggiunge, con calorosa stretta di mano: “Continui così, Anna
Oliviero”. Ti limiti a rispondere che ti basterebbe che ti chiamassero col tuo
nome e che almeno il collega che ha fatto le slide dell’organigramma della tv,
frequentandoti su per giù 8 ore al giorno da tre anni e mezzo, levasse quella stramaledetta I anche
dal power point con cui si presenta l’azienda all’universo mondo.
Benedetti
signori, parliamone. Perché mi aggiungete una vocale non richiesta? Ho fatto
una ricerca. In Italia ci sono circa 1220 famiglie col cognome Olivero e 1233
con Oliviero. Dunque il mio non è che sia meno diffuso e vi giustifichi il
refuso con l’altro. Ma soprattutto il cognome Olivero esiste praticamente solo
in Piemonte da dove provengo. Dovreste rendervene conto da tanti elementi, primo
fra tutti il mio accento da bela bergera che mi parte inequivocabilmente se non
metto l’impostazione “dizione”. Oliviero è diffusissimo in Campania ed è primo nel
comune di Gambugliano, in provincia di Vicenza. Ora, non chiedo che facciate
una mappatura dei cognomi italiani prima di pronunciarne uno, chiedo solo che
leggiate, copiate/incolliate, pronunciate senza troppa approssimazione il mio
nome. Non è difficile, anzi, vi risparmio anche il fiato di una vocale che non
c’è, non mi piace, non voglio.
Vi chiedo aiuto ragazzi. Che
qualcuno mi suggerisca cosa rispondere quando mi chiamano nel modo sbagliato,
perché io, per davvero, son disarmata ma vorrei dare una bella lezione a questi
bulletti da pressapochismo. Babbo
Niatale e dolce Biefana, aiutatemi voi!