artista s. m. e
f. [dal lat. mediev. artista «maestro
d’arte»] (pl. m. -i). – 1. Chi esercita una delle belle arti (spec. le arti
figurative, o anche la musica e la poesia): gli
a. del Rinascimento; gli a. della scuola romana. Come termine di
classificazione professionale e dell’uso com., anche chi svolge attività nel
campo dello spettacolo (teatro, cinema, ecc.): a. lirico; a. di varietà; gli a. della radio, della televisione; i
camerini degli a.; ingresso riservato agli artisti. Il termine implica
spesso un giudizio di valore ed è allora attribuito a chi nell’arte professata
ha raggiunto l’eccellenza: è un vero
a., un grande a., un a. di genio.
Partiamo dalle definizioni. A
qualcosa dovremmo pur appellarci in questo mondo di labilità e incertezze.
Perché mi sono già imbattuta un po' troppo spesso rispetto al limite
tollerabile, in persone che fanno uso improprio della parola di cui sopra. Cosa
ben più grave: rivolgendosi a loro stesse. Ecco che dunque, occorre fare un po'
di chiarezza, cari miei bei pifferai da palcoscenico, affabulatori da sagra
della pigna, soubrette da inaugurazione della Pro Loco e istrioni del teatrino
parrocchiale. Perché incrociare i vostri occhi pieni di entusiasmo e un po'
meno di guizzo e sentirsi dire “Piacere, io faccio l’artista”, beh,
obiettivamente, fa raggranellare la braccia come se mi fossi iniettata miglio
decorticato sottopelle. Intanto, se tu sei un artista, magari lo lasciamo
decidere alle folle, tra una sessantina d’anni, quando sarai orizzontale sotto
un cipresso? A meno che tu non abbia già orde di ammiratori che comprano i cd
con qualsiasi tuo vagito, che si appendano anche sui soffitti le tue opere
d’arte, che usino i tuoi versi in rima per conquistare amate glaciali, non
definirti artista. Perché perdi già l’80% di credibilità.
Vi racconto un paio di episodi
per dovere di cronaca. Qualche mese fa esco per un aperitivo con una collega
che deve presentare due suoi amici ad un’altra collega single. (Non ho mai
capito se in questi casi mi chiamino perché sono di compagnia o solo perché ho
una certa famigliarità con l’alcol. Credo la seconda comunque). Ma non
divaghiamo. Ebbene, arriviamo al locale e i due mister Loba Loba erano già al
tavolino. Il primo dei quali con un wiskhy in mano (sì, vi ricordate bene, ho
detto che eravamo usciti per un aperitivo) e mescendolo come un lord irlandese
ci racconta cosa fa nella vita esordendo così: “Io sono un artista”. Eccolo. Se
avevo dei dubbi ne ho ricevuto conferma. E dunque che faresti di preciso per
essere definito tale? “Il falegname. Ma faccio tutto io dalla progettazione
alla realizzazione”. Allora, dì che sei un falegname, per dinci. Non è mica un
disonore! Guarda che la parola “artigiano” non è ancora stata bandita dal buon
costume. Comunque. Per la cronaca, la mia collega e Pietro Piffetti non si sono
mai più rivisti.
Il secondo lo becco l’altra sera,
ad un evento. Fa il cantante, che è la parola giusta. Cioè, dopo aver fatto il
militare, il centralinista, l’animatore, l’impiegato, ha capito che gli piace
cantare e vuol vivere di quello. Ma Vivagesùmmaria, fai benissimo e ti auguro
lunga vita gorgheggiante. Ma non mi dici “Stasera presentami tu, perché sai,
(il perchèsai tra l’altro mi irrita
una roba che non si spiega) io sono anche bravo a fare l’intrattenitore e
potrei farlo per ore, ma stasera sono stato invitato in qualità di artista e
quindi non posso anche introdurmi”. Al che penso: “Luigi Tenco redivivo,
Diocenescampieliberi”. Anche perché poi sento che ha la necessità di dire ad ognuno
degli organizzatori della serata che lui era “l’artista”. Ora, non mettiamo
neanche in discussione i testi e le melodie che hai cantato e nemmeno
l’impianto audio che faceva concorrenza al “Cantatu”. Anzi, scusami, perché
forse non ti ho presentato così bene. Ma lo scazzo che mi ha attanagliato era
avvinghiato a me come un koala sull’eucalipto. Non mi permetterei mai di dire
alcunchè sulla qualità. Ma sulla quantità sì, è un dato oggettivo. Perché quando
al microfono ho annunciato che erano in vendita i tuoi Cd e, presa da spirito
corporativo ho detto al pubblico che così avrebbe avuto il piacere di ascoltare
i due successi proposti durante la serata più molti altri e tu mi hai fatto no
con la testolina, mostrando due con le ditina, allora lì ho capito che ero
stata gabbata dalla tua stratosferica prosopopea. Cioè fammi capire. Tu hai
scritto due-canzoni-due, con tanto di rime baciate quanto meno azzardate e me
l’hai menata tutta la sera che sei un artista? Ascoltami bene. Anche io cantavo
la domenica a messa nel coro della chiesa ed ero pure intonata; pensa che
facevo anche le commedie in piemontese nel teatrino di Almese. Ma mi limitavo
ai plausi delle perpetue e dei miei vicini di casa, non millantavo certo doti
artistiche, non ero né una vocalist né un’attrice!
Bon. Poi effettivamente penso che
io sto qua, un po' rancorosa, a scrivere di te che nella beata inconsapevolezza
che ti contraddistingue, sei stato capace di ritagliarti degli spazietti.
Guarda, per sta volta ti salvo. Non ti scaricherò mai su iTunes ma ammirerò
coraggio, intraprendenza e autostima che senz’altro ti porteranno su altri
palchi. E pazienza se saranno quelli della festa patronale di Poirino o del
carnevale di Carmagnola. Tu sarai lì e senza vergogna annunciandoti dirai: è
arrivato l’artista, in vendita i Cd!
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