Questa cosa della carta prepagata
dev’essermi sfuggita di mano. La mia coscienza -che di solito è silente sulle
questioni importanti della vita ma sulle puttanate sbraita come l’altoparlante
del “signoreèarrivatolarrotino” - mi ha sempre impedito di dotarmi di carta di
credito. Di fatto non è che ne avessi così bisogno. Da quando son provvista di
conto personale, bonifici, contanti e bancomat hanno svolto egregiamente il
loro sporco lavoro. Solo che poi dei geni del male hanno cominciato a spingere
sta storia dell’e-commerce. Così in panciolle, comodamente stravaccata sulla sedia
rotante dell’ufficio, con un dito nel naso e l’altro sul mouse, sono diventata
click compulsiva. Pur di comprare cose ho tentato di accalappiarmi un falchetto
da riporto che mandasse i miei soldini al destinatario. Poi ho ritenuto che
convivere con un uccello appollaiato sulla scrivania pronto alla bisogna, fosse
un tantino impegnativo. E comunque non rientrava tra le opzioni di pagamento
dei vari ticketone del caso. Capite bene che non potevo fare altrimenti. Ho
ceduto e sì, mi son fatta la prepagata. Che già solo a dirlo -“prepagata”- ti
senti un po' un mix tra Mario Draghi e Paris Hilton, perché ti sembra di aver
risolto tutti i tuoi problemi di macroeconomia che sostanzialmente coincidono
con la possibilità di farsi un paio nuovo di scarpe col tacco che non metterai
mai.
Prendo appuntamento in banca e
alla seconda domanda l’impiegata mi chiede che lavoro faccio. Cerco di stare
sul vago ma le parole “giornalista” e “Reteconomy” fanno credere all’ignara
bancaria di avere di fronte Ignazio Visco; invece sono una che fatica
addirittura a gestire la propria economia domestica. Comincia a parlarmi usando
termini che per me si avvicinavano al kazako ma voglio rassicurarvi: ho
costantemente finto una certa competenza, mi sono messa un po' di sbieco come
si siede la Lilli Gruber quando conduce “Otto e mezzo”, socchiudevo gli occhi
come se ragionassi su tabelle excel mentali e annuivo. Sempre. Alla fine della
fiera l’unica cosa che ho capito è che ogni volta che ricarico la scheda gli
devo lasciare 1 euro di obolo. Così ho sin da subito pensato che fosse
opportuno buttarci sopra un bel po' di grano in modo da non doverne regalare
uno alla banca ogni tre per due. Male, malissimo. Avere una disponibilità
cospicua sulla carta prepagata ti dà un senso di onnipotenza mica da ridere. E giù
di spese. Ora, per correttezza con il lettore, sincerità e autodenuncia
pubblica vi dirò come ho dilapidato il mio patrimonio.
Tanto per cominciare ho comprato
dei libri, per darmi un tono. Solo che seguendo su Instagram le mogli dei
giocatori del Toro -che mi pare un metodo subdolo ma furbo per stalkerizzare gli stessi-
ho visto che tutte pubblicizzavano quella che sembrava la rivelazione
letteraria dell’estate. Al che ho pensato “Faccio un esperimento antropologico
per dimostrare che le suddette non sono tutte fighe-senza-cervello, leggono e
leggendo hanno anche la capacità di giudicare un testo affermando con sicurezza
che è la storia della vita”. Morale: beate voi che siete fighe. Perché io no e
manco intelligente a questo punto, se pensavo che un libro che si intitola “#Formentera14”
potesse essere un cult.
Poi ho comprato il vetrino
temperato per il mio vetusto iphone 4. Non è stato facile trovarlo perché voi,
che siete sul pezzo, mi insegnate che di iphone nel frattempo ne hanno fatti
altri diciotto e dunque reperire un accessorio per una roba che anche a
Cupertino hanno messo nell’indifferenziata, non è così semplice. Ma su Amzon c’era,
c’è tutto tuttissimo su Amazon. Morale: mi è arrivato un vetrino, ma proprio
quello che usano gli ingegneri elettronici quando devono sostituire lo schermo
andato in frantumi.
Con la prepagata ho poi deciso di
comprare dei biglietti aerei. Perché è il viaggio che conta, non la meta.
Davanti a me non si prospettano mesi particolarmente rosei. Così con la mia
amica Elena ci siam dette “Sai che c’è? All’indomani del 31 ottobre partiamo e
ce ne andiamo in ferie, a sfregio”. Abbiamo visto che i primi di novembre
costava pochissimo andare a Londra. Click, biglietti presi! Solo per darvi
conto del lasso di tempo entro il quale ci siamo fatte venire lancinanti sensi
di colpa, alle 13.20 abbiamo fatto l’acquisto su Ryanair, alle 14.30 dopo la
pausa pranzo eravamo in live chat con la compagnia per chiedere di disdire perché
poi “Londra è carissima, noi non c’abbiamo una lira”, “se mia madre sa che
vado nella città a maggior rischio attentati mi mura viva in cantina”, “io
Londra l’ho già vista e tu pure” e “sai che freddo maledetto?”, “per non
parlare della Brexit, quelli gli italiani li odiano”. Morale: alle 14.40, con
sovrattassa, eravamo già dirottate su un volo Caselle-Malta, quanto meno ci
sciacqueremo i piedi nel Mediterraneo.
Poi però con la prepagata ho
fatto un acquisto meraviglioso che rimandavo da troppo tempo e che quest’anno
mi sono regalata: l’abbonamento allo stadio. Con le spese di commissione per
prenderlo su internet andavo direttamente da un rivenditore autorizzato a
Molfetta e spendevo meno. Con la prepagata ho anche fatto delle spese per il
mio benessere fisico. Nell’ordine ho comprato delle pastigliette con la
griffonia che pare faccia miracoli contro la depressione e l’abbassamento dell’umore.
Per ora il risultato è che ho perennemente sonno e sfanculo chiunque mi capiti
a tiro. Poi un beverone di succo puro di aloe. Dovrebbe garantirmi di fermare l’invecchiamento
precoce che al momento si è attanagliato nella zona perioculare, tenermi lontano
da malanni di ogni genere, mosche, zanzare e pappataci, nonché contribuire alla
vitalità delle mie cellule cerebrali che, contrariamente a quanto potreste
pensare, avendo letto fino a qui, stanno benissimo. Nel caso le cose dovessero
improvvisamente peggiorare, potrò comunque regalarmi due sedute da uno
specialista. Le ho appena viste su Groupon, giuro. Le prendo con la prepagata. Si
compra un po' tutto, anche un manuale di deontologia professionale, volendo. Ma
questo è un altro discorso.
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