AnnaGiùDalTram

venerdì 22 dicembre 2017

Oliviero, no.

Fate questo esperimento con me. Immaginate che da qualche parte, nel vostro cognome, venga aggiunta una I non prevista. Mettetela in un punto a caso. Ci siete? Bene. Ed ora pensate che nei contesti più svariati le persone vi chiamino così e non col vostro cognome duro e puro. Alla lunga, ve lo assicuro, il senso di scazzo/incazzo che vi pervaderà salirà a livelli megagalattici. 
Immaginate anche questa scena: qualcuno che di soppiatto arrivi alle spalle del pagliaccio It, sì, quello di Stephen King, gli tiri una scuzzetta sul collo e poi ridendo gli sventoli il dito sotto il naso per fargli indovinare chi possa essere stato. Ecco. Io, ogni volta che mi chiamano Oliviero, sono la reazione di It ad uno scherzo di dubbio gusto come questo. 
Ultimamente è una vera croce. Tutte le volte che qualcuno deve pronunciare il mio cognome è matematico che vada a finire a schifìo. Nell’elenco degli iscritti all’esame da giornalista professionista ero Anna Oliviero. Non un bel presagio. Infatti mi hanno segato, dicendo che ho “gravi lacune sintattiche e grammaticali”. Io avrei da ridire sui vostri copia-incolla invece. Esce il mio primo pezzo sul Corriere di Torino. Firma: Anna Oliviero. Per un attimo ho avuto un problema di identità e ho creduto di essermi firmata male io. Invece no, ovviamente. Sei in fila dal medico? La segretaria per darti la ricetta urla a squarciagola “E’ arrivato l’arrotino Oliviero!”. Vai a farti un weekend fuori porta? Il giulivo proprietario del b&b ti accoglie con un “Olivieeero benvenuta!”. Vai allo stadio a vedere una partita non in abbonamento e il cicisbeo della biglietteria, pure se gli fai lo spelling, aggiunge una I di default. Chiedi l'accredito stampa per un evento mandando numero di tesserino, riferimenti anagrafici, postali, numeri di telefono e scarpe e niente, il cognome te lo frullano piazzandoci una vocale che ti cambia il codice fiscale. Lo fa anche il megacapo della tua azienda che alla cena di Natale chiama uno ad uno per fare gli auguri. Ti dice pubblicamente che sei giovane e carina, due doti per altro imprescindibili per la mia professione, coltivate con cura e maestria nei miei anni di corsi di formazione, università, redazioni. Va beh. Poi aggiunge, con calorosa stretta di mano: “Continui così, Anna Oliviero”. Ti limiti a rispondere che ti basterebbe che ti chiamassero col tuo nome e che almeno il collega che ha fatto le slide dell’organigramma della tv, frequentandoti su per giù 8 ore al giorno da tre anni e mezzo, levasse quella stramaledetta I anche dal power point con cui si presenta l’azienda all’universo mondo. 
Benedetti signori, parliamone. Perché mi aggiungete una vocale non richiesta? Ho fatto una ricerca. In Italia ci sono circa 1220 famiglie col cognome Olivero e 1233 con Oliviero. Dunque il mio non è che sia meno diffuso e vi giustifichi il refuso con l’altro. Ma soprattutto il cognome Olivero esiste praticamente solo in Piemonte da dove provengo. Dovreste rendervene conto da tanti elementi, primo fra tutti il mio accento da bela bergera che mi parte inequivocabilmente se non metto l’impostazione “dizione”. Oliviero è diffusissimo in Campania ed è primo nel comune di Gambugliano, in provincia di Vicenza. Ora, non chiedo che facciate una mappatura dei cognomi italiani prima di pronunciarne uno, chiedo solo che leggiate, copiate/incolliate, pronunciate senza troppa approssimazione il mio nome. Non è difficile, anzi, vi risparmio anche il fiato di una vocale che non c’è, non mi piace, non voglio.

Vi chiedo aiuto ragazzi. Che qualcuno mi suggerisca cosa rispondere quando mi chiamano nel modo sbagliato, perché io, per davvero, son disarmata ma vorrei dare una bella lezione a questi bulletti da pressapochismo.  Babbo Niatale e dolce Biefana, aiutatemi voi!






3 commenti:

  1. Sono stata chiamata Eva perché si pronuncia uguale sia in italiano che in polacco. Così da evitare potenziali storpiature a entrambi i lati della famiglia. Eva con la v, spelling italiano. In polacco si scrive Ewa. Non mi chiamo Ewa.
    Ho lavorato per due anni in un ufficio offshore in Polonia di una ditta con sede in Italia. Non uno dei miei colleghi polacchi ha mai sbagliato il mio nome. E dire che sarebbe stato facile ingannarli, dato che con loro parlavo in polacco. Sarei potuta benissimo passare per una Ewa. Però no. Ma i colleghi di Milano, Dio li abbia in gloria. Con loro comunicavano sul "chattino" aziendale. Chattino dove io ero eva.grosso@azienda.com. Ogni volta che un collega italiano mi contattava, il messaggio era sempre più o meno così:
    "Ciao Ewa, posso?"
    "Ewa sei impegnata? Ho un cliente che..."
    "Ewa hai un minuto?"
    Ewa. Sempre Ewa.
    Non ho mai capito com'è che per la sede italiana dell'azienda io ero diventata Ewa. Ho delle teorie ma sono poco carine e non credo di volerle esporre qui.
    Tutto questo pippone per dire che so come ci si sente, non so come aiutarti a stare meno peggio, ma tranquilla che non sei sola e che a ogni Ewa e Oliviero qualcuno guadagna dei punti inferno.

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    1. Ahahah...questa è poi bella, va. Sto anche cercando di razionalizzare il fatto che dei simpatici meneghini ti appioppassero la "VUDOPPIA" ma niente, non ne vengo a capo. Ciao e W Eva!

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