Più passa il tempo e più vorrei scrivere cose che davvero mi
garbino. So che è un progetto ambizioso. Insomma, a quasi 30 anni suonati, sei
ancora un pivello nel mondo del lavoro. Sei ancora un virgulto…in attesa che la
pianta venga abbattuta. Però mi piacerebbe pigiare sui tasti col sorriso ebete
stampato in faccia. Se devi raccontare l’ultimo consiglio comunale o descrivere
la mostra di decoupage delle signore dell’Unitre (con tutto il rispetto
possibile, eh), non è che sia il massimo della libidine. Ti viene l’espressione
tipica del pesce blob (non sapete che faccia ha il pesce blob? Cercate su
Google. E anche voi direte: pure io, a volte, c’ho la vitalità del pesce blob),
e la verve di un vegetariano finito per sbaglio alla sagra del bue grasso. Ho
reso l’idea? Ecco, detto questo, tra gli altri ambiti, mi piacerebbe tanto
tantissimo fare il critico gastronomico. Ma mica perché abbia delle competenze.
Mica perché abbia fatto dei corsi di cucina o sia brava a spadellare. Lo farei solo
perché me piace magnà. E bene. Però vorrei farlo in incognito, senza servizi
privilegiati e, soprattutto, pagando il conto. Quindi, ragionando, adesso come
adesso, è meglio che continui a scrivere sul blog e farmi invitare a pranzo da
mamma. Però una cosa la voglio condividere. Un pensiero che mi è andato di
traverso, come quando lo spaghetto infila la laringe anziché l’esofago. E
sarebbero i cibi che secondo me sono demodè. Non che non siano buoni, per
carità. Intendo quei cibi ai quali pensi e non ti viene fame. Perché magari
sono anche brutti da vedere. Il cibo demodè non è necessariamente il cibo della
tradizione. Per esempio, la acciughe al verde o i peperoni con la bagna cauda,
saranno sempre re incontrastati dei miei menu dei sogni (un po’ meno per chi mi
sta accanto). No, il cibo demodè, magari è estremamente anni ’90. Ma ce l’hanno
propinato talmente tante volte che non se ne può più. Io ho stilato una mia
personalissima classifica. Entrano nella top five: il vol au vent, di quelli che compri nei pacchetti, in particolare
quelli ai funghi che non sono praticamente mai porcini, ma, in gergo delle mie
parti, pisacin. Poi. L’involtino di prosciutto cotto sepolto nella gelatina, pari merito con la barchetta di gamberetti.
Terzo posto l’ananas in scatola tagliato col goniometro, quarto il cocktail di gamberi nella conchiglia
finta e infine tutte e dico tutte tuttissime in qualsivoglia modo, fattura
e composizione, indipendentemente dalla ricetta o dalla bontà di chi le abbia
fatte, dico e ribadisco tutte, tutte, tutte le torte salate del mondo. Ahhh, l’ho detto. Basta, non ce la si fa
più. Immaginate. Cena di condivisione: cosa porti? Ma io una torta salata, tu? Io
faccio una torta rustica. E tu? Pensavo ad una quiche lorraine (che poi è la
stessa roba ma essendo infingarda, sta maledetta sfoglia, si dà nomi e
appellativi diversi per scamparla!). E diciamocelo: la maggior parte delle
volte sono dei pezzi di calcestruzzo, dei rivestimenti in lana di roccia, dei
laterizi a pasta porosa che non mandi giù neanche se saltelli per spingerli
nello stomaco.
grande
RispondiEliminaEheheh grazie, ho uno spazio per mettere nero su bianco tutta la mia illuminata scemenza! Leggi anche gli altri, così mi dici cosa ne pensi, ciao!
EliminaOddio, le torte salate noooo!!! L'unica cosa che per i miei gusti salverei del tuo elenco è il prosciutto in gelatina (magari farcito tipo cannolo siciliano con insalata russa o qualcosa del genere).
RispondiEliminaMa al di là dei contenuti gastronomici, come non darti ragione a proposito di: "Sei ancora un virgulto…in attesa che la pianta venga abbattuta"...