AnnaGiùDalTram

giovedì 5 giugno 2014

Peter Fassino.

Bond. James Bond. Fassino. Piero Fassino. Sì ok, non che il paragone regga tantissimo. Ma James Bond non rideva mai. E manco Piero. 007 aveva sempre il completo coordinato in giacca e cravatta. Come credete che si vesta al mattino Fassino per andare a Palazzo di Città a fare casini col bilancio? Uguale! Mi direte che James Bond però aveva un fascino altisonante e una schiera di donne che facevano la fila per poter essere le sue amanti. Vi confido un segreto. Voci di popolo dicono che il sex appeal di Piero non abbia nulla da invidiare a quello del famoso agente segreto. Anche se sotto gli occhi ha due borse con dentro la spesa settimanale di una famiglia di 5? Anche se quando lo vedi da lontano sembra che sia un copri abiti dotato di mobilità? Anche se ha il naso direttamente proporzionale al suo metro e 92 per rimanere in equilibrio? Sì, cari miei, pare proprio sia così la faccenda. Bond nasce in Scozia e Fassino ad Avigliana. Bond raggiunge risultati eccellenti in ambito sportivo; Fassino milita nelle giovanili della Juventus, mantenendo quello stile tipico della gobba, che sfoggia non appena gli nominano la parola “Filadelfia”, cosa che di solito lo porta a reazioni convulse e possedute. Si dice che quando Fassino promise i soldi per il rifacimento dello stadio, scese le scale dei palazzi comunali come la bambina dell’Esorcista. James Bond parla perfettamente francese, tedesco e anche inglese. Francese e tedesco non lo so. Ma l’inglese lo parla pure Piero. Beccatevi questa e poi non ditemi che sparo scemenze a vanvera.




Ora, levatevi quel sorrisino dalla faccia. Perché io, che ho studiato inglese solo al liceo con la professoressa -stimabilissima- che purtroppo per lei non aveva avuto il dono del fonema R, che mi ha fatto uscire dalle orecchie i Daffodils di William Wordswhort (sì, sì, lo so che state provando a pronunciarlo con la R di cui sopra, malefici!) e che non è riuscita -per mia negligenza- a farmi appassionare a questa lingua, davanti a una telecamera non mi ci metterei mai a parlare in inglese. Neanche con il copione scritto. Piero invece, del quale non condivido mai tuttissime le scelte che fa, si è però messo in gioco. Dice che Torino è “a rial factori taun” come lo direbbe Pino Milenr, di Telecupole. Però si sbatte e ci mette la faccia. Parpigna un po’ con gli occhi per farsi forza e giù di british english in piemontesis way.  Adesso Piero, devi fare un video mentre ti accendi una Lucky Strike e con aria affascinante ci dici che imparare l’inglese non è mai troppo tardi anche se la nostra sola lingua di riferimento fosse il patois. 

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